March the Ninth Twenty Twenty
I’m telling you this
we needed to stop.
We knew. We all felt it
that it was too furious,
our frenzy. Being inside of things.
Outside of our selves.
Squeeze every hour – make it yield.
We needed to stop
and we couldn’t.
We needed to do it together.
Slow down the race.
But we couldn’t.
There was no human force
that could hold us back.
And since this
was for all of us a tacit wish
like an unconscious will –
perhaps our species has obeyed
loosened the bonds that protect
our seed. Opened
the innermost cracks
and let it in.
Perhaps this is why there was a leap
in the species – from the bat to us.
Something in us wanted to be opened.
Perhaps, I don’t know.
Now we are at home.
It is extraordinary what is happening.
And there is gold, I believe, in this strange time.
Perhaps there are gifts.
Nuggets of gold for us. If we help one another.
There is a very strong call
of the species now and as a species
we must each see ourselves. A common fate
holds us here. We knew it. But not well enough.
Either all of us, or no one.
The earth is powerful. Truly alive
I feel it thinking a thought
that we do not know.
And with what’s happening now? Let us consider
whether the earth is not what’s moving.
Whether the law that rules
the entire universe, whether what’s happening, I wonder,
isn’t the full expression of that law
that governs us too – just like
every star – every particle of the cosmos.
Whether the dark matter was this
being bound together in an ardor
for life, with the sweep of death that comes
to rebalance every species.
Keep it within its dimensions, in its place,
going in the right direction. It is not us
who made heaven.
An imposing voice, without words
tells us to stay home now, like children
who are in trouble and don’t know why,
and won’t get kisses, won’t be hugged.
Each within a suspension
that takes us back, perhaps to the slowness
of ancient ancestors, of mothers.
Look more at the sky,
daub a dead man ochre. Bake bread
for the first time. Look intently at a face. Sing
a child softly to sleep. For the first time
hold someone else’s hand tight
feel the strength of the agreement. That we are together.
A single organism. The whole species
we carry within us. We are saving it inside us.
To that grasp of a palm
in another person’s palm
to that simple act that we are now forbidden –
we will return with expanded awareness.
We’ll be here, more attentive, I think. Our hand
will be more delicate in the doing of life.
Now that we know how sad it is
to stand one meter apart.
Translated by Lucy Rand (lucyrand.com) and Clarissa Botsford
Translator’s Note
We deliberately chose to stick very closely to the Italian structure so that readers who do not know Italian can read the original in parallel and appreciate the language to the full. LR and CB
Nove marzo duemilaventi
Mariangela Gualtieri
Questo ti voglio dire
ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare.
Ci dovevamo fermare
e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme.
Rallentare la corsa.
Ma non ci riuscivamo.
Non c’era sforzo umano
che ci potesse bloccare.
E poiché questo
era desiderio tacito comune
come un inconscio volere -
forse la specie nostra ha ubbidito
slacciato le catene che tengono blindato
il nostro seme. Aperto
le fessure più segrete
e fatto entrare.
Forse per questo dopo c’è stato un salto
di specie – dal pipistrello a noi.
Qualcosa in noi ha voluto spalancare.
Forse, non so.
Adesso siamo a casa.
È portentoso quello che succede.
E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.
Forse ci sono doni.
Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.
C’è un molto forte richiamo
della specie ora e come specie adesso
deve pensarsi ognuno. Un comune destino
ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.
O tutti quanti o nessuno.
È potente la terra. Viva per davvero.
Io la sento pensante d’un pensiero
che noi non conosciamo.
E quello che succede? Consideriamo
se non sia lei che muove.
Se la legge che tiene ben guidato
l’universo intero, se quanto accade mi chiedo
non sia piena espressione di quella legge
che governa anche noi – proprio come
ogni stella – ogni particella di cosmo.
Se la materia oscura fosse questo
tenersi insieme di tutto in un ardore
di vita, con la spazzina morte che viene
a equilibrare ogni specie.
Tenerla dentro la misura sua, al posto suo,
guidata. Non siamo noi
che abbiamo fatto il cielo.
Una voce imponente, senza parola
ci dice ora di stare a casa, come bambini
che l’hanno fatta grossa, senza sapere cosa,
e non avranno baci, non saranno abbracciati.
Ognuno dentro una frenata
che ci riporta indietro, forse nelle lentezze
delle antiche antenate, delle madri.
Guardare di più il cielo,
tingere d’ocra un morto. Fare per la prima volta
il pane. Guardare bene una faccia. Cantare
piano piano perché un bambino dorma. Per la prima volta
stringere con la mano un’altra mano
sentire forte l’intesa. Che siamo insieme.
Un organismo solo. Tutta la specie
la portiamo in noi. Dentro noi la salviamo.
A quella stretta
di un palmo col palmo di qualcuno
a quel semplice atto che ci è interdetto ora -
noi torneremo con una comprensione dilatata.
Saremo qui, più attenti credo. Più delicata
la nostra mano starà dentro il fare della vita.
Adesso lo sappiamo quanto è triste
stare lontani un metro.